giovedì 24 maggio 2018

Daniel Mendoza | L'intervista di wasabidress

- Chi è Daniel Mendoza?

Una persona che un giorno è stata rapita dalla musica rap. 

Sono cresciuto in periferia, borgata Romanina nello specifico. Quelle vie (oggi purtroppo note alle cronache) hanno sempre offerto poco. 

In adolescenza si respirava un aria di isolamento e il rap mi ha dato un nuovo nome ma soprattutto una motivazione.

- Com'è iniziata la tua vita da rapper?

Quando ti avvicini come ascoltatore ad un genere che all'epoca era considerato nuovo, il passo successivo di "provarci" è breve. Con qualche amico di zona abbiamo iniziato a scrivere le prime rime studiando chi ci aveva preceduto negli States e in Italia. 

Prima di incidere qualcosa ho fatto tantissimi live passando da situazioni da 1000 persone a bettole con 5 cristiani che ti guardavano come fossi un alieno. Negli anni mi sono completato avendo la fortuna di fare un'infinità di esperienze.

Collaborando e confrontandomi con tantissimi artisti e musicisti che mi hanno arricchito nel tempo. Iniziando ero più sognatore, ora sono più razionale. Molto è cambiato ma sono ancora qui. Sono un sopravvissuto.

- Quali sono le tue maggiori fonti d'ispirazione?

Nel tempo sono cambiate. All'inizio potevano essere gli artisti di riferimento, oggi sono molto più ispirato dalla realtà che mi circonda. Sono abbastanza informato su tutto, sono un attento osservatore, mi piace sapere, scoprire, conoscere.

Questa mia curiosità mi permette di raccontare poi nella musica gli usi e i costumi della nostra società. Sia in modo più severo, sia in modo ironico.

Vengo continuamente ispirato anche da ciò che mi accade quotidianamente, mi piace fare l'analisi della mia vita ed esorcizzare paure o preoccupazioni.

- Come funziona la genesi di un tuo brano?

Solitamente lo costruisco nella testa. Mi viene un'idea, la fisso e mi faccio una specie di sceneggiatura. Mi appunto qualche rima che mi viene in mente e ci costruisco tutto il brano intorno.

Non sono quello che mette su una base e scrive quello che gli passa per la testa. Per me ogni frase ha un valore importante e devo avere chiaro di cosa parlare prima di scriverlo.

Spesso mi capita anche di scrivere a memoria, a mente, specialmente in macchina nel traffico. Ho scritto dischi interi senza usare carta e penna, usando la sola memoria. E' una capacità che non sfruttiamo mai abbastanza che se sollecitata a dovere da grandi risultati.

La parte post scrittura è ovviamente quella dell'incisione. Sono molto critico, pretendo molto da me e spesso amo registrare in piena solitudine per entrare in simbiosi con la musica.

- Ti esibisci live? Se sì, dove, come e quando...

Sto centellinando le date. Non ho interesse a farne tante preferisco fare quelle giuste. Fortunatamente posso scegliere e finchè posso faccio una selezione. Suonare dal vivo è il punto massimo dell'esaltazione di chi fa musica.

- Quali progetti hai per il futuro? 

Ho smesso di progettare anni fa. Vivo alla giornata sapendo che nulla è certo e tutto è in continuo mutamento. Fare progetti serve a poco perchè c'è sempre un imprevisto, un colpo di scena dietro l'angolo. 

Il mio impegno quotidiano è quello di "creare" perchè è l'unica cosa che mi motiva e mi completa come persona. Ho tante idee e fortunatamente ho la caparbietà di realizzarle. Ho rimesso a posto tante cose e sono più volte resuscitato dalle difficoltà. Ora spero di godermi i tanti sforzi fatti e di cambiare per sempre alcune cose della mia vita che mi sono trascinato negli anni.

- In questo preciso istante, quale tuo pezzo ti descrive al meglio?

Reputo ogni pezzo che scrivo un figlio. Qualcuno migliore, qualcuno peggiore ma sono tutte istantanee di un momento di vita presente o passata. Non ho un pezzo che mi descrive nello specifico perchè la mia scrittura risente anche dei miei stati d'animo. 

Ci sono momenti in cui sono cupo e malinconico e scrivo Yellow Rose, altri in cui sono più su di giri e scrivo brani più ironici come Italians o Ultimo Kennedy.

- Daniel Mendoza fuori dalla vita musicale... raccontaci un lunedì "normale".

Il lunedi se vivi a Roma ed esci di mattina lo passi nel traffico. Dalla mattina alla sera sei ostaggio del caos metropolitano. Sopravvivere alla giungla cittadina è una sfida e ritornando a casa ti fa sentire quasi un supereroe. Sono una persona tranquilla, socievole ma schivo. Sono molto selettivo nelle compagnie. 

Non ho esigenza di dover stare con delle persone. Preferisco sia un piacere passare del tempo con qualcuno. Tendo a fidarmi poco del prossimo, nella vita ho spesso avuto intorno personaggi meschini. E quando hai qualcosa tra le mani i più furbi si aggregano per avere la loro porzione, i più stupidi vogliono prevaricarti. 

Mi descrivono come pragmatico come fosse un pregio. Io preferisco considerarmi un realista equilibrato che non ama ne le polemiche ne le perdite di tempo. In un contesto sociale dove tutti hanno voglia di essere personaggi io sono forse più personaggio di tutti loro nella mia apparente normalità.




Il wasabidress di Daniel Mendoza

Forse non è il mio brano preferito e sicuro non è considerato neanche uno dei grandi classici del rap internazionale. Triple Threat della Terror Squad è stata però la colonna sonora della mia voglia di regalare qualcosa di mio alla musica. E' una di quelle canzoni che ti danno la carica e che ti spingono emotivamente. Come il pugile che si va ad allenare con la musica che lo galvanizza. Mi dicevo, ora tocca a me, lasciamo un segno (piccolo o grande) per sempre. Qualcosa che nessuno potrà mai cancellare.

Quell'atmosfera così serrata mi ricordava l'adolescenza in borgata dove spesso sembrava di essere in un girone dantesco. Quel senso claustrofobico mi ricordava il mio film preferito "Fuori Orario" di Martin Scorsese. Così sottovalutato ma così reale. Ma a differenza della pellicola del regista newyorkese, i personaggi del mio quotidiano erano di una realistica bruttezza e molto meno surreali. Nella musica cercavo e ho trovato il mio punto di fuga.

Ma la mia Roma fuori dal G.R.A. non ti nasconde trai grattacieli, al massimo ti isola dalla grande bellezza. E ti fa crescere con la consapevolezza che per ottenere qualcosa devi razionalizzare i sogni. Perchè quella New York così lontana nei pensieri di ieri, oggi non è più così distante e la musica che faccio anche se così "Italians" mi avvicina a quei signori dei ghetti americani che hanno tracciato il mio percorso sulla mappa.


Un ringraziamento speciale a Daniel Mendoza
Intervista a cura di Federica Marta Puglisi

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