4 anni e 10 giorni.
E' l'esatta distanza che intercorre tra la pubblicazione di WOW e Endkadenz Vol.1.
E' una distanza importante.
Lo è soprattutto in questi periodi in cui la discografia delle major insegue isterica la ricetta perfetta per non collassare e dunque ecco uscire dischi e singoli come se non ci fosse un domani.
Ma i Verdena hanno i loro tempi, lo sanno i verdeniani e lo sanno soprattutto le persone che ancora sanno apprezzare un disco ascoltando dalla prima all'utima traccia senza skippare.
Si faceva così anni e anni fa coi vinili e guarda caso, 4 anni tra un lavoro e l'altro, ricorda proprio le tempistiche nell'era in cui si producevano i dischi...quelli veri, quelli che impiegavano 33 giri o 45 al minuto per lasciare un qualcosa per sempre.
E così arriva Endkadenz Vol.1.
Ci sarà anche un Vol.2 tra qualche mese perchè i Verdena, al solito, avevano pronta una nuova monumentale opera ma riproporre un doppio album sarebbe stato ripetitivo e loro non lo sono mai (e anche questo lo sanno i verdeniani), dunque eccoli qui con un'idea discografica di nuovo vintage e figlia degli anni '90 come l'uscita doppia degli Use Your Illusion dei Guns n' Roses.
Partiamo dal titolo: Endkadenz.
Ogni album dei Verdena ha sempre avuto un titolo che sinteticamente trasmettesse le vibrazioni della musica contenuta al suo interno: l'omonimo "Verdena" presentava la misticità di un nome storpiato (originariamente erano i Verbena), "Solo un grande sasso" metteva di fronte a qualcosa di grosso, immobile e pesante nella sua semplicità, "Il suicidio dei samurai" rimandava a suoni ruvidi come lame e tragici come il sommo atto dell'Harakiri mentre "Requiem" arrivava con un nome solenne come i suoni e le atmosfere cupe che conteneva.
E poi c'è stato "Wow", il doppio album, in cui l'aggiunta del piano elettrico, le distorsioni meno esagerate e le idee più pop hanno restituito una sorta di ulteriore nuova versione dei Verdena.
Ed ora ecco EndKadenz.
E' un nome che sembra anagrammare la parola "Decadenza" ma che pure sembra avere voglia di guidare i passi in una danza a endecasillabi.
Luca Ferrari spiega che nella scelta di questo nome si è ispirato a una foto che raffigura il finale dell'esibizione musicale-teatrale Konzertstück für Pauken und Orchester del compositore Mauricio Kagel, in cui un uomo si schianta dentro un timpano da orchestra dalla membrana di carta.
E' un'immagine forte, potente, così come lo sono i suoni di questo nuovo lavoro.
Alberto dice che questo "è un disco in rosso" registrato con tutti i potenziometri spinti al limite, ultrasaturati, quindi immaginiamoci la maturazione raggiunta con Requiem e Wow spinta ancora oltre.
La tracklist, dice sempre Alberto, "è stata messa li a caso, dosando quasi in modo paritario le sonorità più dure e quelle più morbide tra il Vol.1 e il Vol.2" ma questo "mettere li a caso" è una cosa a cui io personalmente non credo o meglio, anche se fosse, sono certo che sarà un "a caso" logico, sensato, come lo è sempre stato.
Ultima particolarità: in questo disco è stato utilizzato un pianoforte vero, di quelli "a muro" o più propriamente detti "verticali", dunque la sovrapposizione tra i distorti big-muff sparati al limite e la dolcezza delle note suonate dai martelletti vibrati dall'intensità dinamica delle dita del suonatore saranno sicuramente l'ennesima scelta artistica strabiliante dei fin ora mai ripetitivi Verdena.
Ringrazio tutta la serie di circostanze ed eventi che hanno fatto in modo che le mie orecchie intercettassero i loro suoni nel lontano '97, ho avuto un percorso musicale decisamente migliore grazie alla loro esistenza.
Scritto da Roberto Panighi per NaiFer
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