martedì 27 febbraio 2018

SPECIAL - Anticafé, Roma. Paghi solo il tempo, tutto il resto è gratis!

"A volte le cose, gli avvenimenti, sembrano accadere per caso, ma il caso non è mai casuale, è li che ti aspetta a modo suo". Alessandro Baricco

Le case sono sempre più piccole; le start up sempre più numerose, ma affittare un ufficio ha un costo proibitivo; la nostra risorsa più preziosa è il tempo; il comandamento dell'ultimo decennio é to share, condividere esperienze e spazi pero' spendendo il meno possibile data la crisi che ci accompagna ormai ovunque come una vecchia zia.

Sulla scia del successo delle due sedi parigine, è nato a Roma lo scorso giugno Anticafé, uno spazio ibrido un po' caffetteria, un po' co-working e un po' ludoteca dove invece di pagare le consumazioni si paga una tariffa oraria (a persona) per il tempo trascorso nel locale: 4 € per un'ora, 16 € la giornata e 220 € un mese intero senza limitazioni di orario.

Nato da un'idea del ventitreenne Leonid Goncharov, Anticafé è un concetto elementare ma estremamente innovativo che coniuga le esigenze di diversi target di pubblico in un unico luogo.

Il locale è arredato in modo eclettico con tavoli, sedie, divani, sgabelli per riprodurre l'atmosfera dell'open space di una casa; a disposizione degli utenti ci sono stampante, scanner e proiettore, bevande calde, snack, giochi di società, libri e riviste. 

Durante la mattinata il locale è utilizzato in prevalenza per colloqui di lavoro, meeting e come spazio di lavoro mentre nelle ore pomeridiane aumenta il numero di studenti e verso sera si popola di un pubblico eterogeneo per lunghi aperitivi, serate di home cinema e sfide a Risiko. 

Anticafé facilita il networking, agevola la socializzazione e permette di crearsi uno spazio di lavoro, ma anche ludico che ricrea la convivialità che si sta perdendo. 

Non è un caso che Anticafé sia già un luogo culto della capitale.

Scritto da Laura Ferloni,

giovedì 22 febbraio 2018

Gecofish | Intervista di Wasabi Dress


- I Gecofish del primo mese di vita VS i Gecofish di adesso: ascoltandovi si nota un'evoluzione elegante che va una fortissima vena di seattle grunge, con influenze di rock italiano stile ritmo tribale, ad un sound più pieno, con strutture più ricercate ma sempre dannatamente belle toste. Cosa sentite di aver trasformato nella vostra fase compositiva dal 2010 ad ora? 

Vittorio - Nel 2010 avevamo appena iniziato (almeno io e vale che suoniamo insieme da allora) e chiaramente in 8 anni son cambiate un'infinità di cose. All'inizio provavamo due o tre volte a settimana e probabilmente era giusto così perchè c'era un forte bisogno di consolidare l'interplay e anche di scoprire e cercare un nostro modo di comporre, provare e stare su di un palco in modo efficace. Ora abbiamo imparato a conoscere i nostri punti forti e quelli deboli e quindi nella fase compositiva riusciamo ad essere più veloci nel raggiungere risultati. 

Valerio - Nel 2010 eravamo quattro ragazzi musicalmente acerbi che infilavano nei brani qualunque cosa (appena studiata magari) senza pensare troppo alla forma “canzone”. 

Con “Nonostante tutto” abbiamo capito cosa è meglio fare o non fare grazie a maggior maturità musicale e Davide Lasala che ci ha fatto da produttore. Avendo sostituito il chitarrista nel 2013 e non avendo più le tastiere è cambiato anche il sound. 

“Motivi per uscire” è la felice continuazione di “Nonostante tutto”. Canzoni più scorrevoli, cantabili e una virata sul morbido con il pezzo che da il titolo all’EP. 

- Usciamo un attimo dai Gecofish: voi siete della zona Brianza che, per chi ci legge da più lontano, è quell'area geografica collocabile a nord poco fuori da Milano. C'è fermento: girando per i locali sono fortunatamente parecchie le band che provengono dalle vostre parti: che aria si respira musicalmente parlando? Intendiamo: locali, strutture, sale prove, spazi di aggregazione ecc..

Vittorio - La situazione generale non è delle migliori. Certo esistono più luoghi pro musica rispetto ad altre regioni d'Italia ma anche la Brianza non è esclusa dalle continue chiusure di live club, sala prove e simili.
Una delle cose che manca di più al di là delle strutture è una scena fatta di persone con idee o obiettivi comuni.
Personalmente credo che l'unica soluzione per far risorgere (o meglio ancora far nascere) scene musicali siano i centri d'aggregazione giovanile. Il problema fondamentale è che al momento è vero che ci sono tanti musicisti ma sembra che le idee generali siano confuse e non esistano strutture capaci di aiutare i vari musicisti a fare squadra.
Diffidare di gruppi facebook, piattaforme che promettono rivoluzioni virtuali e simili.
Per far ripartire le cose ci vuole confronto, farsi il culo e dedizione alla musica (sotto ogni suo aspetto).

Valerio - Come sopra.

Simone - Di sale prove in Brianza ce ne sono parecchie, però purtroppo i locali stanno chiudendo tutti a poco a poco. 

- Siete un meraviglioso esempio di co-working nel senso che voi, assieme ad amici e fans, avete prodotto e generato il vostro ultimo disco. È fantastico, è rock!

Raccontateci com'è nata l'idea, come si mossa e come è stata gestita...così rubacchiamo qualcosa anche noi per qualche progetto parallelo ;-)!

Vittorio - Immagino tu ti riferisca al crowdfunding con cui abbiamo realizzato "Nonostante Tutto". In breve abbiamo fatto una campagna su Music Raiser per finanziare le stampe fisiche del disco. L'album era pronto ma non sapevamo come affrontare le spese per le stampe fisiche dell'album. Il crowdfunding è stato una sorta di prevendita dell'album. Senza il supporto dei fans non sarebbe stato possibile pubblicare l'album in tempi utili quindi ringrazio ancora tutti quelli che hanno comprato a scatola chiusa "Nonostante Tutto" perchè, sopratutto vedendo il percorso sulla lunga distanza, hanno permesso non solo la pubblicazione del primo disco ma conseguentemente le 80 e più date dello scorso tour fino ad arrivare a questo nuovo Ep.
Quello del crowdfunding è un percorso che mi auguro (e credo) prenderà sempre più piede in futuro anche se ora non è visto benissimo da molti. L'importante è prefissarsi obiettivi realistici. 

Valerio - Alla fine delle registrazioni di “Nonostante Tutto” ci siamo ritrovati senza fondi per stampare i dischi e realizzare un videoclip per il singolo “Perditi” in tempi brevi. Così ci siamo iscritti a Musicraiser che è un sito online dove gli artisti ricevono donazioni da chiunque possa essere interessato al progetto in cambio di articoli messi in prevendita. Se il tetto (nel nostro caso erano 2000 €) viene raggiunto, la band riceve i fondi e realizza quanto promesso a chi ha sostenuto la campagna. Per maggiori info visitate il sito di Musicraiser. 

- In un mondo di locali dove girano solo tribute e cover band, come si fa a diventare come i Gecofish? Date un consiglio alle giovani band.

Vittorio - Io sono anticover da sempre. A chi inizia a far musica direi di fare roba propria e di avere sempre occhi e orecchie aperti. C'è sempre un motivo per cui una band suona più o meno bene o ha più o meno date. Studiare musica, provare il più possibile, fare ricerca sulla qualità della strumentazione, ANDARE AI CONCERTI DEGLI ALTRI, conoscere e parlare con chi ne sa anche solo una briciola più di voi. Son cose che alla fine fanno tutti sia alle prime armi che quelli con trent anni di carriera e che non si smette mai di fare se si vuole migliorarsi.
Comunque direi anche a tanti gruppi di inediti di smettere di lamentarsi del fatto che tanti locali preferiscano le coverband alla loro musica e piuttosto di chiedersi come mai non funzionino. La causa principale della situazione musicale in italia non sono le cover band ma quelle di inediti.

Valerio - Prima di tutto servono le canzoni. Una volta che hai la materia prima e nessuno che ti procuri le date; fai un bell’elenco di live club in tutta Italia con indirizzi mail e numeri di telefono. 

Investi su un ufficio stampa che all’uscita del disco ti faccia avere visibilità su riviste di settore, qualche intervista, recensioni, ecc.. 

Invii il materiale via mail con link per ascoltarti e vederti, i riscontri che ha ricevuto il disco, le date del tour confermate o già fatte, foto promo della band, biografia, contatti, scheda tecnica e tutto quello che può essere rilevante. Insomma devi venderti con professionalità senza inventare di essere chissà chi. Chiamare e parlare direttamente con le persone se non si riceve risposta. 

Una volta ottenuta la data devi spaccare (anche se il locale è vuoto) e lasciare una buona impressione di te. 

I fattori sono molteplici e magari se sei piaciuto musicalmente, umanamente, la serata è andata bene ecc.. le possibilità nell’essere richiamato aumentano e così via. 

Da cosa nasce cosa e un gradino alla volta ti ritrovi a girare per l’Italia con la tua band. Devi gestire anche la parte social. L’immagine conta tanto quanto il saper suonare bene. Belle foto, videoclip credibili, post che possano interessare chi li legge ecc.. Martellare per far vedere che sei attivo, che ci sei e hai intenzione di restare. 

Fino al 2013 non uscivamo dalla provincia di Como e chiudevamo l’anno con 10 date se andava bene e nessuno a sentirci. Oggi va molto meglio ma nonostante questo lavoro non siamo mica arrivati e ancora nessuno viene a sentirci (hahah) 

Simone - Dobbiamo cercare di boicottare le cover band, continuare a fare musica originale e suonare tanto tanto tanto live


- Come funziona la genesi di un vostro brano?

Vittorio - Dipende sempre da brano a brano. Mediamente fino ad oggi lavoriamo jammando sulle musiche, poi ci metto linee melodiche di voce, continuiamo a modificare e alla fine si va in studio. Poi tanto lavoro di preproduzione e ricerca del suono lo facciamo in studio con Davide Lasala e Andrea Fognini (produttore e fonico dell'Edac Studio).

Valerio - Si parte da un giro di chitarra, una frase ritmica, un momento d’ispirazione. Il primo che ha qualcosa da dire si espone e gli altri iniziano a costruirci qualcosa intorno. Ognuno ci mette del suo fino a che tutti non sono soddisfatti del risultato. Vittorio si occupa dei testi e fino ad oggi li ha sempre scritti lui. Poi lavoriamo in studio come già detto. 

Simone - Di solito si parte da qualche accordo, o un riff e poi creiamo insieme tutto ciò che ci sta intorno, alla fine Vittorio scrive il testo.


- Progetti per la primavera/estate dei Gecofish? Dove veniamo a vedervi e sentirvi live?

Vittorio - Suonare il più possibile... il live è la parte che preferisco della musica.

Le date confermate nei primi mesi di tour:
e chiaramente altre in arrivo..


- In questo preciso istante, quale pezzo dei Gecofish vorreste ascoltassimo?

Vittorio - “Motivi per uscire” perchè di ogni band mi piaccion sempre le cose più recenti.

Valerio - Te ne dico due: “Perditi” e “Grande”. 

Il primo è il brano per me più rappresentativo di questo progetto per adesso. Lo sento come se fosse racchiusa la nostra storia. La canzone è stata realizzata interamente da noi tre e nel testo mi ci ritrovo molto a differenza delle altre nell’album dove magari sono preso solo per alcuni spunti. “Grande” è tra le nuove ed è quella che testualmente mi piglia maggiormente. 

Simone - Al momento che non è ancora uscito alcun nuovo video dal nuovo EP direi “Non mi trovo”:


- I Gecofish fuori dai gecofish: raccontateci un lunedì normale.


Vittorio - Suono, scrivo, insegno musica. La sera vado al bar.
Valerio - Giardiniere al mattino, insegnante di musica al pomeriggio, mi addormento la sera e mi risveglio col sole.
Simone - A casa con la donna a guardare TV!! 



- Il vostro wasabidress.

Vittorio
  • You Know You're Right dei Nirvana (la canzone che mi ha fatto amare la musica)
  • Mondo delle uova (associazione culturale locale dove sono cresciuto)
  • Marahute (drink a base di Jack e Forza Blu) 
Valerio
  • Made in japan dei Deep Purple (prima volta che ho sentito musica rock)
  • Trilogia di Ritorno al Futuro
  • Pizza
Simone
  • Nofx: primo festival visto a 14 anni
  • Shining (film)
  • Led zeppelin IV (primo cd comprato)


CONTATTI

Gecofish SPOTIFY 

Un ringraziamento speciale a Vittorio, Valerio e Simone
Intervista esclusiva a cura di Roberto Panighi


martedì 20 febbraio 2018

Avete visto un Drago a Milano?


Foto di Lorenzo Guarascio
Posso assicurarvi che l’altro giorno ne ho visti almeno cinque!

Dove? Al Capodanno Cinese in via Paolo Sarpi a Milano.

Compressi nella folla lunghi draghi colorati si muovevano leggiadri; su e giù in una danza colma di evoluzioni. Queste creature dai colori accesi danzavano con le fauci spalancate.

Ma in questo via vai di esibizioni mi colse un pensiero. È possibile festeggiare con tanta goliardica enfasi un drago che mangiava bambini? 

Secondo un'antica credenza popolare il drago Tarantasio, abitante della Pianura Padana, terrorizzava gli abitanti della zona del lago Gerundo cibandosi appunto di giovani creature.
Surreale quindi la scena. Draghi indisturbati, sopra una folla acclamante e gioiosa, a scegliersi prelibati spuntini; tutto senza alcun coraggioso cavaliere a combatterli armato di spada. 

Nella tradizione cinese il drago ha invece una connotazione positiva. È associato al cielo, alla mutevolezza e alla metamorfosi nel pensiero taoista; molto diverso quindi dalle tremende leggende padane.

Che dirvi? Speriamo che questo nuovo connubio italo-cinese renda il drago di Tarantasio più docile e meno pericoloso.


"Perchè non lo sapevi?"
Rubrica a cura di Lorenzo Guarascio

martedì 13 febbraio 2018

SPECIAL | Mike Reed si veste d'arancione

Un articolo sulla moda? 
Chi è sto Mike? 
Arancione..?

Qui presenti ad Amsterdam presso il Bimhuis al concerto jazz di Mike Reed che presenta l’album Flesh & BoneVi raccontiamo com'è andata questa incredibile serata.

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In semicerchio ci sono sei sedie e una batteria al centro. Si inizia!

Il sassofono alto di Greg Ward è accompagnato dal sottofondo di batteria di Reed e dal basso di Jason Roebke. Sembra che questo sax abbia iniziato a parlare chiaro e deciso. Nasce un dibattito vigoroso assieme agli altri strumenti finché una voce prende spazio. Tocca a Marvin Tate che, dal timbro vocale americano secco e deciso, si alza in piedi e recita un testo! Le poche note musicali accompagnano questo fiume agitato di parole.

Ora tutto è cambiato come nell’aprile del 2009 a Prevov in Repubblica Ceca. Il quartetto di Mike Reed, di cui due afro-americani, era in tournée in viaggio sul treno. Arrivati in una stazione si trovarono davanti alla manifestazione di skinhead. Impauriti vennero presi e nascosti dalla polizia. Trascorsero diverse ore. 

La performance vocale richiamava la tragicità di quel momento. Il brano finisce con la voce strozzata e sibilante di Tate. Quasi si immagina il treno che portava in salvo a Cracovia il quartetto con Reed. Il progetto dell’album è dichiaratamente connesso all’evento del 2009; elaborato e sviscerato è stato scritto sulle note di questo jazz. Il carattere sperimentale del concerto si muove su dinamiche dalle note scure e brillanti con il clarinetto basso di Jason Stein e il sassofono tenore di Tim Haldeman. I piatti e il rullante di Mike Reed sanno essere esplosivi e muscolosi ma anche morbidi per lasciare spazio agli assoli di tromba di Ben Lamar Gay

Seconda parte, scena nuova. Le dita decise della pianista Marta Warelis suonano un ritmo sincopato. Sono note sorde e corte grazie a un pezzo di stoffa sopra le corde del piano. Reed ha curato ogni particolare! La sperimentazione musicale è sempre più travolgente. Il basso e il piano suonano le stesse note su tonalità differenti. I due sax e la tromba si sfogano in uno stile di gioia convulsa. Il clarinetto il trombone di Joost Buis sono come due amici che si spalleggiano. 

Arriviamo al momento denominato «big and fine». Veniamo trasportati nei “bassi fondi” di Chicago dove gli strumenti sono in armonia dentro a una ritmica delicata ma incalzante. Piedi e mani si muovono su queste note, impossibile tenerli fermi.


Scritto da Lorenzo Guarascio 
direttamente da Amsterdam

giovedì 8 febbraio 2018

Maria Devigili | Intervista di Wasabi Dress

Cantautrice e chitarrista trentina.

Due dischi e un EP all' attivo. Nell'autunno 2017 il suo videoclip La Trasformazione partecipa ai 60th Grammy Awards.

Durante la sua intensa attività live ha collaborato e aperto i concerti di Tre Allegri Ragazzi Morti, Cristina Donà, Eugenio Finardi, Paola Turci, Cristiano Godano, Umberto MariaGiardini, OfeliaDorme, Claudio Lolli e molti altri.

Il 15 febbraio 2018 uscirà il suo terzo album, Tempus Fugit (Riff Records, Cardio Production) e nel mentre ha pensato fosse una buona idea farsi intervistare da noi.

Ecco a voi, Maria Devigli!

- Chi è musicalmente Maria?
Rock e classicismo ( è troppo corta?) Spero di no.

- Inquadrarti non è possibile, la tua voce a volte è Pj Harvey ma poi finisce con la lingua ad accarezzare i toni di Melissa Auf Der Maur senza la componente distorta. Come pensi di cavartela se qualcuno ti chiedesse "Ciao Maria, che genere fai?"
Me la cavo dicendo rock in genere.

- Ciao Maria, che genere fai?

Rock?

- Nei credits risulti autrice di testi e musiche. Che strumento usi mentre componi e, mentre lo fai, hai già in testa tutti quei suoni che arricchiscono gli arrangiamenti che si ascoltano sentendoti?
Il mio strumento è la chitarra elettrica. Ho composto quasi tutto quest'ultimo album con una telecaster e una danelectro. Ma alcuni pezzi sono nati da giri di basso (con la baritona). Gli arrangiamenti vengono dopo in genere ma ho le idee piuttosto chiare.

- Sei One Girl Band in studio? Suoni tutto tu?
Sì, tutto a eccezione delle batterie analogiche. Sono state suonate da Stefano Orzes. Ho usato batterie campionate in alcuni pezzi. Un basso è stato suonato da Luca Matteucci, l'ingegnere del suono. E in 4 pezzi c'è l'intervento con chitarre, synth, basso etc. di Giuvazza (chitarrista di Finardi, Bianco, Levante). Giuvazza ha fatto la produzione artistica di Inconsapevoli, Memorandum, Superstiti, Frequenze Armoniche

- Chi ti accompagna sul palco? Hai una sorta di band oppure suoni con diverse persone a seconda del caso?
Sono partita 9 anni fa suonando in solo, con l'acustica (suonavo molto anche in strada). Poi ho avuto formazioni diverse ma sempre acustiche, di solito con un contrabbassista. Gli ultimi 6 anni ho avuto un duo stabile, chitarra elettrica- batteria ( appunto, con Stefano Orzes). Il prossimo tour tornerò a girare in solo con un live set elettrico-elettronico.

- Veniamo al tuo nuovo disco, Tempus Fugit, tua terza fatica in studio. Letteralmente vuol dire "il tempo fugge": cosa significa per te?
"Tempus Fugit" rappresenta per me il momento della verità nel vero senso del termine; quindi la morte. Brutto da dire però è così.
Cosa porta via questo tempo che fugge? Porta via la vita, porta via la possibilità di vivere, porta via la possibilità di illuminazione. Per renderla più semplice per me è il tempo che porta via tempo, ecco.

- La title Track, Tempus Fugit appunto, ha, nel testo, questa frase: "sempre il tempo fuggirà se lo si rincorrerà", interpretata tipo cantilena cupa. Raccontacela, perchè a noi ha colpito molto il ritmo serrato di questa particolare frase rispetto all'aria più leggera e onirica del resto della canzone.
Questa canzone è lo specchio di due mie personalità opposte: una leggera e scanzonata (il riff di chitarra) e una pesante e oscura (la voce, il testo). In tutto l'album leggerezza e pesantezza coabitano.
"Sempre il tempo fuggirà se lo si rincorrerà" racchiude per me il senso di Tempus Fugit. Ho sempre notato che quando ho fretta di fare qualcosa o voglio correre perché temo di arrivare tardi, arrivo effettivamente tardi. Il tempo è come l'ombra, lo puoi toccare solo stando fermo e cioè vivendo il qui e ora. Il tempo é il presente (lo dico anche in un altro pezzo dell'album). Per quanto riguarda il mood musicale di questa parte volevo dare l'idea di una sorta di mantra medievale che con un incedere inesorabile spezza la spensieratezza e la compostezza della melodia. All'inizio ho pensato di usare quella parte come coda del pezzo ma ho deciso poi di lasciarlo nel mezzo per dargli più importanza.

- Il disco precedente, La Trasformazione, poteva collocarsi nell'idea del concept Album, considerando che i pezzi ruotavano attraversati da questo concetto. Questo nuovo disco ha la stessa logica oppure è frutto più che altro di ispirazione da cogliere prima che il Tempo, a cui ti rifai, condizioni la purezza dell'istante creativo?
Entrambi i dischi sono concept album. Ma concept album a posteriori nel senso che una volta finiti mi sono accorta del legame tra le canzoni. Forse in quest'ultimo me ne sono resa conto prima e per questo l'ultimo pezzo composto e' stato Il Presente. Ma qualcosa che viene da sé. Le canzoni che compongo in un certo periodo ruotano tutte intorno a un concetto.

- Cosa fa Maria in un giovedì di ordinaria normalità?
Perché, oggi è giovedì? Sul serio credevo fosse mercoledì. Un giovedì ordinario di MD. In attesa di una nuova lavatrice e del proprietario di casa che mi deve montare una lampada. Poi quando tutti si defilano provare il live set per il nuovo tour.
Se intendi cosa faccio un giorno normale è "booking ( ricercare concerti) promo, prove, cucinare.

Esce un disco si va in tour: quali le prossime date in programma?
Le prime date del tour saranno: 
11/2, Teatro delle Garberie, Pergine (TN)
16/2, Turba, Lugano
17/2, Cicco Simonetta, Milano
18/2, Birrovia, Cuneo
24/2, Binario, Treviso

- Descriviti in una parola.
Essere.

- Per concludere il tuo personale wasabidress... 


Tre cose "oggettivamente meritevoli" che potrebbero descrivere al meglio il tuo "abito culturale" (brani, dischi, film, opere d'arte, libri, ricette, luoghi)

- Dersu Uzala, Kurosawa (film)
- Fenomenologia dello Spirito, Hegel (libro)
- Spaghetti aglio olio peperoncino (ricetta)


Che dirle se non grazie!?

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DISCOGRAFIA:
2011, La Semplicita' (ep) Gulliver Production
2012, Motori e Introspezioni, autoprodotto
2015, La Trasformazione, Riff Records
2018, Tempus Fugit, Riff Records/Cardio Production






Intervista a cura di Roberto Panighi 
con la collaborazione di Federica Marta Puglisi
Un ringraziamento speciale a Maria